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An invisible life

                                                         An invisible life

Quindici anni non sembrano molti, ma se vissuti male, fanno la differenza, soprattutto quando rappresentano tutta la tua vita. Ciò che segue non è una biografia. Ciò di cui scriverò è lo svolgersi lento ed inesorabile degli eventi dettati da una mente fragile. La vita l’ha catapultato nella luce e nell’ oscurità del mondo, opprimendolo con dispetti invisibili. Sempre avanti, poi a sinistra e ancora a destra, ecco una via larga sei metri e lunga poco più di un chilometro, con dei mattoni neri che si susseguono quasi all’ infinito. Uno, tre, dieci sono i metri da percorrere e i passi altrettanti, ma durante il tragitto si sentono dei rumori e lui si volta senza però vedere nessuno. Tutto procede, eppure, dopo pochi metri, scende dall’alto un velo di nebbia, che si fa sempre più fitta ed impenetrabile e mette al quindicenne la certezza che a seguirlo ci sia qualcuno o qualcosa di sconosciuto e veloce. Mentre la paura cresce, l’andamento del ragazzo si fa sempre più spedito e pare ormai ovvio che i metri non siano più cento o mille. Così come la sua velocità aumenta, la paura è diventata terrore e il buio è quasi un muro di cemento. La cosa più dolorosa non è la morte, ma la paura di morire, ciò che però lo sta perseguitando è il nulla unito al niente, è la nebbia. E come un cane insegue la coda, lui scappa verso altra oscurità, forse più densa. Non ha scelto lui di vivere nella nebbia, sebbene neanche la vita sia una scelta. Ma no, lui l’ama. Proprio perché aveva paura della solitudine, diceva di amarla, aggiungendo così fumo al fumo cupo di una vita. Però adesso è deciso a cambiare vita, poiché cambiare è possibile, basta volerlo. Apre gli occhi, vede offuscato e solo la luce di un lampione si nota dalla finestra. È tardi, saranno le tre di notte, ma qualcosa l’ha svegliato. Si siede sul bordo del lettino, sente le gambe intorpidite, poi si alza, accende la lampada e si butta sulla sedia da ufficio nera. “Leggo un po’, poi mi riaddormento. Rileggo il mio diario, forse mi aiuterà a rilassarmi.” Così dice, dopo aver visto all'orologio le tre e quindici minuti. Ma sono passate due ore e la testa gli fa male, sente un rumore fisso, continuo. Si alza, apre un cassetto e prende un coltellino svizzero. Ma no! Lui l'amava.
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                                   By drafting  "Gli atei del sabato sera"