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Senza ritorno

...divenni  un  folle    
con   lunghi    intervalli  d’orribile  lucidità .                                                                                             
Mi  misi  a  bere, e solo Dio sa, come  e quanto  spesso.
Naturalmente,  i miei  “nemici,”  attribuirono  la  mia  follia
all’intemperanza,  invece  d’ascrivere  l’abuso  alla  mia pazzia. 
Edgar  Allan Poe     
   Un vento arrogante,  remingava dalla Siberia da molti giorni, investiva il porto iugoslavo, strapazzava il lungo viale alberato, scuoteva alberi, siepi, e il mare gettava le sue arrabbiate onde che si infrangevano schiumando sulla scogliera. 
Nel porto, i bastimenti, a fatica reggevano, anche se ben ormeggiati, oscillavano paurosamente. Nulla partiva dal tormentato luogo,  e i bastimenti che eran rimasti fuori, rassegnati, tenevano la prua alle  onde con i motori “avanti adagio”. Eran giorni e giorni che niente cambiava. Per i stretti vicoli che attraversavano l’abitato, pochi si avventuravano.   
 I pensieri, s’aggrovigliano nella  mente dei solitari che transitavano cercando di reggere l’ aspra lotta contro la bufera che mescolata alla neve spazzava tutto: i pensieri appunto, erano anche loro scossi da tanto bordello. 
 Persone normali cercavano riparo, ma che differenza poteva fare cercar riparo dalla tempesta quando la burrasca si era stabilita nei propri sentimenti? Tanto valeva andare e ancora andare;  ma che cazzo, per dove.? 
Infondo, al stretto vicolo, una sbiadita scritta “GOSTILNA”,… osteria,   dentro, ì tavoli di robusto legno, emanavano un forte odore di vino: da tanto tempo, in
quel antro, depositavano le loro angosce, i loro turbamenti, esseri che provavano a dimenticare. 
Pareti, e tutti gli oggetti, han una  memoria, una memoria che spesso investe chi in quel luogo sosta, e lui lo sapeva … cazzo! 
Il marinaio, iniziò a varcare la soglia, ma si fermò timoroso, troppo bordello in quello stanzone: grida, bestemmie, risate, canti volgari, insulti verso tutti e verso tutto, in slavo, croato, italiano, era timoroso; poi perché  proprio lui ?
 Era mica la prima volta … quanti altri luoghi simili, nei carruggi, nei bassifondi, nei vicoli di Napoli, nei postriboli dei porti dei mari  del nord, aveva depositato le sue angosce? Aveva ascoltato le lamentose confidenze, e lui,  come  in  un corale controcanto faceva spesso eco lamentoso,  con le sue angosce.
 Cosa cambiava, cosa era di diverso, che lo intimoriva tanto, proprio ora? Non era in fuga  come tante altre volte? Fuggiva da tante cose, le più strane: nemen lui sapeva  che significato, che soluzione, che esito poteva avere questa scapar continuo.
Poi per chissà quale strano caso, tutte le scassate carette, vecchie arrugginite, che tenevano il mare a fatica, tutti i bastimenti strani dai nomi assurdi, sembrava che aspettassero il suo arrivo; mai un bastimento decente, non nuovo, ma almeno che non scricchiolasse alla  più stupida tempesta. 
Trovava quasi soddisfazione sentir le lamiere gemere quando le onde anomale investivano la nave. Quando il mare di prua investiva tutto  l’aggrovigliato e esausto insieme di lamiere,  e l’ estrema parte appuntita costruita per parare urti arroganti,  si alzava alto con superbia, come un enorme membro eccitato e scuoteva da se vibrando masse d’acqua mostrando senza ritegno e senza il pur minimo pudore le strutture arrugginite, dove da anni e anni nessuno mai aveva dato una  misera pennellata di antiruggine: l’unica e nonostante tutto superba parte della nave   penetrava poi nuovamente  l’onda. 
Forse in quel momento, e in quelle condizioni, anche il più miserabile bragozzo si sentiva fiero perche esponeva la sua enormità con orgoglio virile, non importa se tutto il resto era rattoppato.   La prua si lanciava nuovamente tra le onde immergendosi tutta, scricchiolando, gemendo, vibrando, per emetter lamenti che di metallico non aveva quasi nulla, era un orgiastico amplesso, che l’umano non era mai e poi mai capace di raggiungere. La scassata nave, si. 
 Oltre al rimescolio delle viscere umane, anche una sensazione  eccitante  ampia, e per ceri versi erotica, coinvolgeva chi stava nella allucinante sala macchine del vecchio e miserabile vapore. 
Se a volte, il mare e il vento cambiavano, e si intestardiva a sciabordare tutto di traverso, dondolando la nave come una grande culla, i sentimenti si trasformavano da leggermente peccaminosi, in un  dondolio dei pensieri che forse mancavano da troppo tempo, o forse mai nessuna donna aveva donato al dannato marinaio. 
Scaturivano, nel macchinista,  giù nella diabolica fossa,  tenere nostalgie; nostalgie, labili, confuse, lontane, dubbiose, si dubbiose che il tempo aveva quasi cancellato. 
Quest’uomo aveva sentimenti, emozioni, che accompagnavano sempre il suo vivere: sentimenti, che cercava come un segugio nella umana specie, ma  che non aveva trovato  mai; almeno così a lui pareva. Quando un anche tenue speranza o offerta d’ amore, lo sfiorava, dono di un essere gentile ; fuggiva, rimandava; e intanto il tempo passava passava.
In queste condizioni si affacciò alla taverna, era timoroso, come sempre il nostro fuochista,   poi si decise, varcò la  soglia, incespicò nei scivolosi gradini, bestemmio anche lui, e stramazzo a terra. Aveva bevuto tutto il giorno, era pieno. 
Dopo un giorno intero, finalmente riprese consapevolezza. Una grande stufa a legna, completamente arrossata, un leggero odore  di muschio, leggero fumo, un silenzio che veniva solo disturbato dal fregolio del fuoco. 
Non si  udiva più il bordello da taverna, il silenzio finalmente accoglieva il risveglio. Fuori la tempesta aveva deciso d’ andar a tormentare altri lidi, solo una neve fitta scendeva e copriva tutto. Tutti i clienti dell’osteria avevano deciso di transumare verso altri luoghi: capita, basta che uno si alzi tra i presenti … “andemo a bever de ....”   capita, e tutti come una mandria scalpitante, seguono chi ha fatto la proposta.
< Salve marinaio, ora va meglio?- l’oste accolse l’ospite con  tenerezza. La famiglia del taverniere aveva sistemato il nostro marinaio in una piccola stanza,  su una branda, amorevolmente coperto per proteggerlo dal freddo …
< Non ti dar pensiero, ora mangi e poi ti sentirai meglio--- disse  l’oste.
< No pol esser, non go un becco de un quatrin – cercò di spiegare…
< Anche a me è capitato quando navigavo, robe de sto tipo, quando potrai, pagherai. … 

La navi  è partita senza il marinaio.
Da giorni, molti degli abituali  cliente della slava  “GOSTILNA”  si chiedevano il perché di una così lunga permanenza del marinaio, che tranquillamente riposava nella calda stanzetta? La risposta era da parte del ospitale padrone.. “lasselo star che el se stanco e disperà” :  e così per un certo verso stavan le cose.
Poi con una occhiata alle carte del “fuggiasco,” carte li abbandonate, si scoprì che la nave dove doveva imbarcare  l’alcolizzato fuochista, nave da un impronunciabile tanto per cambiare nome, era entrata in porto, scaricato e caricato quella che doveva, non era rimasta li più che tanto ad attendere, visto che chi  doveva imbarcare non si vedeva da nessuna parte,  non sapendo che bastava chiedere a qualcuno che bazzicava la taverna, a pochi metri dal porto, mise la prua al mare e andò per i cazzi suoi.
.
Varda, che la to nave la se partida, senza de ti … Qualcuno informò l’interessato. La cosa non lo sconvolse molto, infondo uno come lui che fuggiva sempre, poteva ben prendersi il lusso di una breve sosta. A un certo modo, però, e nonostante tutto, prima o poi, era giusto riprendere la “transumanza,” e trovare un porto dove un bastimento qualsiasi avesse bisogno di uno che in una qualche maniera poteva essere utilizzato, per lui non importava, fuochista o macchinista andava tutto bene.
La sua vita, a raccontarla, era una lunga serie di assurde realtà. Voler essere realisti, si poteva definire il suo vivere una NORIMBERGA, si proprio così. 
Quando egli rispolverava il suo vissuto, i suoi  giorni, molte volte non erano che distruzione, pianto, sofferenza, per lui e per  molti che ebbero la sventura di conoscerlo. Oh, sempre non tutti, ma insomma. A
volte ritornavano in mente persone, luoghi dove visse. Le macerie di quella città rasa al suolo nei ultimi giorni del conflitto dagli alleati, erano “le macerie della sua esistenza,” li si identificava. Aveva cercato di non ricordare, ma spesso non era facile.  Era partito da un paese della bassa friulana, tanto tempo fa, era partito perche in lui era esploso un sentimento mai provato, almeno non di tanta intensità. Una stupenda femmina lo stava turbando, lo aveva reso confuso, un poco spaventato ma anche tremendamente felice. Giunto in un luogo marino del sud,  visse momenti travolgenti insieme alla sua donna. Poi improvvisamente decise di partire, molar tutto e riprendere il mare. In  passato visse per molto in mare, spesso la nostalgia mordeva la sua stupida anima, il “mal del ferro” lo tormentava.
 Durante i giorni, e mesi trascorsi in mare, il suo pensiero era sempre rivolto a quella donna. Nelle notti, di solitudine, nel suo modesto alloggio della nave, l’ amore, il desiderio, stravolgeva le poche ore destinate al riposo: era sempre li, presente,  “lei”, bella, giovane.
Le giornate del  folle macchinista, nella loro solita monotona realtà, le notti nella solitudine, erano sempre dominate da questa creatura. Disteso nella sua  cuccetta l’amava … l’amava l’amava, come solo un essere veramente innamorato poteva. 
Il rombo della sala macchine, lo sciabordio del mare contro il vecchio bastimento accompagnavano i suoi sentimenti. E nella sua tristezza, nella tremenda nostalgia, lui  solitario la cercava, la possedeva più volte finchè finalmente esausto il sonno gli dava pace. Chiedeva sempre a se stesso, perché … perchè fuggiva. Non lo sapeva
Ora, assurdità della sorte, ospite del taverniere, il nostro uomo di mare, passava  le giornate rifocillato benevolmente; anche l’ossessione del “andare e sempre andare” non lo assaliva  gran chè. Provò a chiedere, a capire se vi erano navi in partenza, ma  da giorni, nessun bastimento, anche se entrato in porto, aveva la voglia di raccattare marinai: anche perché da quelle parti, non era facile reperire gente di mare esperta. Non era quello il porto giusto. Uomini di mare, nella realtà del luogo non ne mancava, ma quasi tutti avevano come il macchinista, benevolmente ospite nella confortevole, nonostante tutto  “Gostilna,”  una  tradizione non di qualità: insomma, le abbondanti bevute, avevano in buona parte offuscato le menti di quasi tutti i marinai residenti. Anche il nostro macchinista, o fuochista, che dir si voglia, era  per molti versi
non ben messo: insomma, un buon psichiatra, avrebbe trovato materiale abbondante per il suo lavoro
Visto che non vi era alcun motivo di cercar bastimenti, inizio a razzolare per il paese.
Un vicolo stretto stretto, ai lati più taverne che altro, il vicolo DER BESOFFEN, così la gente del luogo chiamava da sempre quella stradetta, sin dai tempi del imperatore “CECCO BEPPE”: nonostante tutte le vicende storiche, la strada degli ubriaconi, appunto, manteneva la sua originaria titolazione in austriaco. 
 Ogni anno, in ricorrenza del genetliaco del “buon imperatore”, per una intera  settimana, le lodi al DEFUNTO più di un secolo fa, venivano cantate in tutte le lingue. Vini e grappe, scorrevano a fiumi; anche il rimpianto dei bei tempi si esaltava nel canto del ---O TU LIBE AUGUSTIN, ALLE IST HIN--, e purtroppo era vero.
Tutto era “HIN”, anche per il nostro marinaio, “tutto era rovinato”, appunto, almeno così lui pensava.
 Intanto le giornate, fra una sbronza, una discussione con altri del luogo, andavano per proprio conto. Il tempo era sempre di merda: pioggia, neve, vento, poi di nuovo pioggia. In ogni bettola, dove lui sostava per ore e ore, raccontava la sua storia, che però per chissà quale motivo era leggermente sempre diversa. A lui piaceva così. Infondo, a pensar bene bene, era quasi tutto vero, solo che i luoghi, le persone, gli amori, erano di volta in volta collocati con fantasia e spesso ironia; come capitava. Non per cattiveria, o per voler mentire, ma perché così al marinaio pareva bello. Ricordava un vecchio amore di tanto tempo fa, dove la gentilezza, la dolcezza di questa donna vera, avea … ma purtroppo tutto finiva li. 
Però dopo aver svuotato una bottiglia intera,   aggiungeva particolari  da travolgente sessualità. Così alla poveretta venivano attribuite pompini meravigliosi, scopate della miglior fantasia, ma questo non per cattiveria, ma solo perché sembrava brutto non concedere anche queste meravigliose prestazioni…onore al merito, e alla qualità … fermarsi e raccontar solo  coccole, al marinaio pareva brutto: tutte le femmine, pensava lui, la voglia di farsi sbattere come una anguilla era nella loro natura.
Poi con il tempo non aveva più ben chiaro, con chi e con quale   lui aveva visto il paradiso. Però una, una in particolar modo, non andava dimenticata, si lei, e forse solo  lei, gli aveva morso tutto tutto, anche il cuore, e succhiato completamente l’anima tutta ma veramente tutta. Non che le altre, ma lei …
A forza di confondere, restò confuso per il resto del suo tempo.






Il fuochista si  fece confessore
  Decise di entrare. Da giorni stava appollaiato sui gradini della chiesa, unica in tutto il piccolo paese marino. Star sempre  ospite della Gostilna,la taverna dove veniva amorevolmente ospitato, gli creava dei problemi, poi senza alcuna colpa o sua volontà, era riuscito a realizzare una fonte di guadagno.
 Per logica di cose, il fuochista, messo li su quei gradini, investito dal vento e dalla neve, abbigliato mica tanto bene, aveva attirato l’attenzione delle rare vecchiette. Ma perché stava li al freddo, investito spesso dalla neve? Da quella posizione  vedeva il mare. Era il suo luogo, dove per tanto ma tanto tempo aveva cercato una risposta alle sue angosce, ma mai nessuna risposta, sempre silenzio.
Nei primi giorni le tremolanti e rancide donnine tiravano via relativamente indifferenti, poi forse dopo aver osservato meglio il miserando uomo, iniziarono a depositare delle monetine in un piattino che il vento aveva trascinato al suo fianco. La vicenda andò per il verso giusto per giorni e giorni, poi tutto cambiò.
Chissà per quale  motivo, comunque sicuramente il freddo ebbe la meglio, il  “fuochista” si  trovò comodamente posteggiato nell’unico confessionale esistente. Era entrato una sera nel tempio, presa posizione negli ultimi banchi, e li  senti quel che non avrebbe mai dovuto udire.
< Angiolina, gastu sentio l’ultima del don MARCUZ – disse una
< Vas hat der svain ghemaht?—  chiese  l’altra
< Perchè ti parli  in  “todesc”? 
< Perché la definizion de maial, de porco, in teutonico rende meio l’idea, il pensiero –
< Va bon, ma parla in modo che mi te posso comprender. Allora come se le robe?
< El lasaron, el se  ricoverà in una clinica per imbriagoni …
< Ben ghe sta, quello se il posto giusto … -- disse la più pettegola delle due –
< Si va ben, ma non sai l’ultima--
< La Gina, quella bella morettina, che La vien sempre a pregar, la se incinta de lu- 
< Non se una novità … e poi sai dove i do sporcaccioni i faseva le porcherie?
< Senti che novità, in tal confessional, in mezzo a tutte comodità, cuscini, bottiglie de grappa e musichetta  in cuffia …
Al fuochista, li per li la cosa non importò un cazzo, ma poi alla sera, nel calduccio della stanzetta … 
 IL giorno dopo, ancora presto, entro in chiesa, osservò come stavan le cose, nemen un’ anima, e lesto lesto s’infossò nel confessionale. 
Di confessionali ne aveva visti anche se non dalla parte interna, ma quello era meraviglioso. Cuscini morbidi sistemati con appropriatezza, interno tutto tappezzato con velluto rosso, tendine in stoffa pregiata, dalla parte bassa un sportello che aperto spuntarono due bottiglie con della grappa. La decisione fu subito presa: tirò le tendine chiuse lo sportello e iniziò così il suo primo giorno di “prete abusivo.” 
 In quella piccola chiesa esisteva  un sacrestano, ma visto che il suo datore di lavoro era momentaneamente assente, lasciava tutto a disposizione dei pochi fedeli e il portone restava sempre aperto, notte compresa, a quei tempi si usava così: lui, lui il sacrestano, il suo tempo lo dedicava a delle abbondati bevute nelle tante taverne del piccolo paese; le taverne erano tante, ma la chiesa  una sola, ma bastava così.
 I maschi non varcavano mai la soglia del sacro tempio, mentre le rancide zitelle con prete presente, ma anche meglio quando lui partiva per il solito periodo di disintossicazione, usavano quel “sacro luogo” per socializzare, e se uno aveva ancora l’udito decente poteva conoscer  tutto di tutti.
 In quel sacro luogo, dunque,  le rancide e tremolanti vecchiette, digrignando le ormai ombrate dentiere, sputtanavano di tutto su  le non presenti. Naturalmente era premura non mancare  quasi mai all’ appuntamento serale, per evitare di esser a loro volta “anodi sacrificali” del peggior commento.
 L’ormai il “confessor fuochista”, ben nascosto nel principesco confessionale era a conoscenza di tutte le deliziose grazie che in tempi migliori, avevan dispensato in abbondanza ai maschi del piccolo paese.
 Sarà stata la buona grappa ingurgitava, sarà che quando  “ghe vol ghe vol”, decise che ci voleva il suo intervento, forse anche perché tanto tempo fa, ma tanto tempo fa, desiderò entrare in seminario, ma la sua vocazione durò poco: venne espulso per aver “fatto continui peccati”; insomma atti impuri. 
Nella bassa friulana, non si diceva, “padre ho peccato”, ma padre “go fatto peccato,” si perché  certe “robe” spesso costavano, impegno, fantasia, e a volta anche fatica, perché non sempre “l’oggetto” del desiderio era gran chè, beh insomma … e alla fine il suo confessore a forza di sentir dire “padre gho fatto peccato” informò il responsabile del seminario che questo ragazzino “no podeva mai diventar un bon prete”, e così ebbe fine la “vocazione” del piccolo  vizioso peccatore.
 Allora ricordato il  passato suo, e preso in considerazione che una volta seminarista, anche se per poco tempo, uno è sempre un poco prete, anche se il
suo progetto di sacerdotalità  era ben misero, in lui scattò una gran voglia di dire  come la pensava a quelle vecchie baldracche.
Zompò fuori.  Quel che tutto ad un tratto   folgorò alla  presenza delle poverette, era un tipo paurosamente tutto bardato di nero, ampia mantella nera, un ampio capello nero anche lui, una ampia sciarpa che più nero non si poteva, e ricordando certi predicatori quaresimalisti passionisti che predicavano nella chiesa del suo paese, nella bassa friulana, penso di mettere una benda nera ad un occhio, insomma rapinò tutto l’abbigliamento che era depositato nel confessionale.
< Brutte e depravate, l’inferno vi attende –  gridò saltando su una panca, e ergendosi alto  con un gesto della mano destra a ampio raggio, indicò a tutte il suo disprezzo.
< Madonna mia..--- spaventate urlarono molte.
< Zitte, squallide peccatrici … zitte ... l’inferno è il vostro luogo  … guardate femmine depravate … guardate questa benda nera … DIO mi ha punito per i miei peccati, … anche a voi verrà  presto il castigo Divino. – si toccò i coglioni, senza far notare molto la cosa alle “povere baldracche” aiutato in questo dal ampio e nero mantello che nascondeva molto …
Il panico aveva colpito tutte, alcune timidamente chiesero alla vicina – “ma chi seo quello li?- Una, o due, delle poverette, azzardarono – el se un predicador “dei padri passionisti” … varda come il parla ben, no come il nostro prete imbriagon”
< Zitte ..zitte ... chiaro? Zitte, sensa brontolar … ripetè in invece con mi!
  … impose con voce robusta tonante, il fuochista improvvisato “padre passionista” “IO SONO UNA TROIA CON TANTI PECCATI … allora, dai forza, ma senza urlar tanto ...tutte insieme!
Dopo una più che giusta esitazione, le sbilenche vecchie, a gran voce dicevan quello che veramente eran state …
< Non gavè bisogno de sigar tanto, non urlate … tutti i omini del paese lo san da sempre … pian pian, come quando recitate il  vostro rosario … io intanto devo andar, perché ho un altro compito, voi donne peccatrici continuate, continuate, per molto, forse “LUI” vi perdona --- e loro continuarono ... continuarono ...continuarono. Dopo molto, qualcuno cercò di recuperare il sacrestano, ma  non lo si trovò.
 A notte fonda, stanche, esauste, una alla volta presero la strada per casa.  Nella tarda mattinata, il sindaco del piccolo paese ordino di chiudere il portone della piccola chiesa. Un tabellone fu esposto con su critto in simil veneto < La Cesa se chiusa perché manca il prete, che selo in disintosicasion in ospedal …
 IL fuochista, mi son dimenticato, di nome faceva Andreut, scomparì. In porto era giunta una vecchia scassata caretta con bandiera Libanese, li  trovò accoglienza, e di lui non si seppe più niente.



Dedicato ai miei pochi 
amici , ancor vivi,
della taverna del Vendramin
in cale delle monache, a Venezia.
                                                                               Scritto da Eddo Tonon